LE SETTE VOCI DI ELENA

Soliloquio del Poeta Manrico Murzi Ambasciatore Cultura UNESCOcon Paola Tortora  Voce e Corpo Recitante Musiche Originali M°Luca Urciuolo  Pianoforte Luci Massimo Vesco Costumi Vintulerateatro Regia Paola Tortora 

Note dell’Autore Elena, causa della lunga guerra, per riscattare se stessa, cerca di aiutare i Troiani ad evitare un eventuale definitivo disastro. Uscita dalla città, fa giri intorno al cavallo di legno, imita le voci di mogli e madri di eroi, eventualmente rinchiusi nel ventre del destriero, per provocarne la reazione: un grido, un lamento, un rabbioso respiro che ne tradisca il silenzio e la forte necessità di restare invisibili. Oggi, Le Sette Voci di Elena potrebbero essere quelle di madri o amanti afgane, pakistane, iraniane. Il cavallo di Troia, “bello nel suo silenzio”, potrebbe essere un kamikaze, un’auto-bomba, un ordigno a orologeria posto in un ristorante, in una scuola, in un autobus. Questo Soliloquio, che può farsi recitazione a più voci, ha un forte contenuto di attualità, pur nel contesto classico nel quale viaggia. Questo sta ad indicare che i problemi dell’oggi hanno radici nello ieri. Il testo mette in risalto lo spauracchio che inquieta molte parti del nostro pianeta: quello del terrorismo, del fanatismo religioso al pari della lotta fra paesi e razze. Fenomeni che l’ignoranza, o mancanza di conoscenza, la superstizione e il pregiudizio fanno crescere a dismisura. L’azione dà risonanza e vigore al concetto che vede nella parola, dunque nel dialogo, lo strumento di possibile incontro tra vari popoli e diverse credenze. E invero attore principale è proprio la parola.        Manrico Murzi

Note di Regia Per quest’opera scritta tutta in fluenti endecasillabi, è nata un’ “Azione Vocale” più che fisica, che alla parola, come al silenzio, dedica gli echi della figura di Elena che, con semplici segni cromatici, (sette teli di diverso colore) , scivola fra le voci di sette donne, madri e spose dei guerrieri lontani, forse rinchiusi nel cavallo di Troia.  Sette voci del sud che, con i loro differenti accenti ed intercalari, tentano di rompere l’insondabile silenzio dell’inganno, che l’ombra dell’immobile destriero inesorabilmente cela. Forte l’accento registico sulla maschera tragica dell’antica Grecia, l’eterno grido alla richiesta del bello contro gli orrori del mondo, guerra fra religioni, razzismo, ignoranza, potere. Ogni gesto , sguardo o passo è mosso da un’urgenza e non dal caso, segni che dell’estetica ambiscono far sostanza scenica di senso , credibile e condivisibile. Il pianoforte è elemento  pregnante della scena, quasi a simbolo proprio di quel cavallo immenso ed austero  il cui silenzio traduce in musica tutto l’indicibile che governa l’Azione.  Nessun cavallo, infatti,  nessuna Elena sono realmente presenti, la loro rievocazione è solo una provocazione, che fa emergere, fra incontenìbili suoni mediterranei ed intense sospensioni dell’anima, le parole di un testo, unico ed originale, che come un canto, condurrà lo spettatore in uno straordinario viaggio, immaginifico e sonoro, dall’antico all’attuale e sempre conflittuale, mondo di oggi. E così ancora una volta, il mito del passato si fa maestro per il futuro, attraverso un racconto musicale lucido e feroce, spietato e vero, che ne intrama le innumerevoli voci. Paola Tortora

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